1.Contesto Uno studio del 2017 dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza rileva che il 13% dei ragazzi a partire già dalle scuole medie sostiene di NON avere un minimo dialogo con i propri genitori e il 23% di non sentirsi capito. Circa i motivi dei conflitti il 60,5% dei genitori segnale il disordine (di cui il 42% la poca collaborazione alle faccende domestiche) e il 27% il tempo dedicato allo studio che è sempre poco ed insufficiente, insieme ai voti poco soddisfacenti. Il 18,5% dei genitori si arrabbia molto per la puntualità, l’11,5% per il fumo e l’alcol, il 9% per le amicizie e quasi 3 su 10 perché i figli sono maleducati. L’alta conflittualità interna alla famiglia rispetto al tema scuola e studio è suffragata anche da ricerche nazionali (Eurispes, 2010) secondo cui il principale argomento di conversazione di adolescenti (12-19 anni) e genitori è la scuola (ne parla sempre il 75% del campione e il 22% almeno in parte) e il principale argomento di discussione e scontro tra genitori e figli (12-19 anni) è lo studio (32,3%). 2. Problema Dal nostro osservatorio possiamo confermare che esiste una fatica genitoriale diffusa, una difficoltà a concepire il proprio ruolo e responsabilità, a mantenere un equilibrio familiare e a saper gestire i conflitti con i figli. Negli ultimi anni molte famiglie stanno verificando che le “naturali” competenze genitoriali dei padri e delle madri, acquisite nella loro infanzia e giovinezza, non sono più adatte ai profondi mutamenti che i giovani stanno vivendo in questi due ultimi decenni. Il tema della scuola è certamente un elemento di criticità di tante famiglie e il fenomeno del “parental stress” è quindi facilmente comprensibile quando quella fatica genitoriale diventa più acuta in situazioni straordinarie o eccezionali come è l’attuale pandemia. E’ questo un tema importante che crea senso di frustrazione e inadeguatezza portando i genitori a comportamenti spesso estremi come dall’autoritarismo al permessivismo o indifferenza. Un secondo problema è la “solitudine genitoriale”. Non si tratta di una solitudine fisica, di relazioni, spesso i genitori ne hanno, ma di sentirsi smarriti, impotenti e quindi ha a che fare con il piano delle risposte. Mancano luoghi che possano farli sentire letti nel loro problema, quindi innanzitutto accolti e poi concretamente aiutati. A questo si lega un terzo livello del problema: l’accessibilità alla risposta non passa principalmente dalle reti formali, ma da quelle informali e ancor di più dal passaparola (nell’approfondimento allegato, verrà analizzato l’approccio strategico per comprendere come il progetto si inserisce nel contesto dell’offerta territoriale). Approccio: Riteniamo che il progetto approcci il problema in modo innovativo perché: Pragmatico sui contenuti: non si tratta di interventi generici sulla “genitorialità” affrontati spesso su un piano morale, ma su bisogni ben specifici, sentiti propri dall’utenza come urgenti. Pragmatico nel metodo: counseling, coaching, problem solving oriented. L’obiettivo è rendere autonomo e competente il genitore disorientato, non fare analisi sociologiche o aumentare il senso di inadeguatezza del genitore. Responsabilizza i genitori in una logica di reciprocità cioè chiede loro di farsi promotori del servizio fruito presso altri genitori. Offre 3 livelli di approfondimento E’ ad ampio raggio territoriale sfruttando le potenzialità del digitale Prevede la restituzione dei risultati E’ improntato a cercare alleanze educative



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